Famiglie: NO all’archiviazione della Procura – ByoBlu

CONTINUA LA BATTAGLIA DI FELICITA PER LA VERITA E LA GIUSTIZIA

Secondo la Procura di Milano, numerose sono state le condotte da parte della dirigenza del Pio Albergo Trivulzio che hanno AGEVOLATO la diffusione del virus all’interno della struttura, come il divieto accertato di utilizzare dispositivi di protezione procurati autonomamente con la minaccia di sanzioni e la condotta imprudente di accettare il ricovero di 17 pazienti dall’ospedale di Sesto San Giovanni di cui 3 risultarono positivi al Covid19.

Il rispetto di alcune regole basilari di buon senso note sin dal Medioevo, ad esempio l’isolamento e la separazione dei degenti positivi al Covid, avrebbe permesso di salvare molte vite. Noi non ci arrendiamo e andiamo avanti. Riteniamo il processo penale fondamentale, un percorso difficile ma inevitabile per accertare le cause di quanto accaduto e per identificare le responsabilità dei decessi attraverso un serio e rigoroso vaglio dei fatti occorsi che non si accontenta di una narrazione autoassolutoria.

Opposizione alla richiesta di archiviazione della Procura di Milano – La Stampa

Oggi è un giorno importante per i parenti dell’Associazione Felicita e per tutti quelli che hanno a cuore la verità e la giustizia.

Abbiamo depositato l’atto di opposizione alla richiesta di archiviazione avanzata dalla Procura di Milano riguardo le indagini relative al Pio Albergo Trivulzio e altre RSA. Un percorso difficile ma inevitabile per dare voce a chi purtroppo non ce l’ha più. Ringraziamo di cuore quanti di voi ci stanno sostenendo in questa battaglia.

Covid a Milano, i legali delle vittime al Pio Albergo Trivulzio: “Mix letale di negligenza e incompetenza, vogliamo il processo”

I legali degli anziani alla casa di riposo deceduti nella prima ondata della pandemia si oppongono alla richiesta di archiviazione della Procura

Covid a Milano, i legali delle vittime al Pio Albergo Trivulzio: “Mix letale di negligenza e incompetenza, vogliamo il processo”

ANDREA SIRAVO

Dai vertici del Pio Albergo Trivulzio è stato commesso un «mix (letteralmente) letale di negligenza e incompetenza, condito da alcune scelte puntuali evidentemente e drammaticamente imprudenti», per cui un processo «appare imprescindibile». È la tesi sostenuta dagli avvocati dello studio Luca Santa Maria & associati contenuta nell’atto di opposizione alla richiesta di archiviazione della procura di Milano dell’indagine per epidemia colposa e omicidio colposo plurimo sui decessi degli ospiti della “Baggina” tra il gennaio e l’aprile 2020 durante la prima ondata della pandemia Covid-19.

Per i legali che assistono i parenti di 20 pazienti deceduti, due infermieri, un’operatrice socio-sanitaria e Felicita, l’associazione per i diritti degli ospiti nelle Rsa, «è mancato, in quelle prime cruciali settimane, persino il rispetto delle regole basilari, che potremmo definire di buon senso, note all’uomo sin dal medioevo e che prevedono, in caso di diffusione di una malattia contagiosa, di limitare i contatti interpersonali, di chiudere le comunità e limitarne i contatti verso l’esterno, di isolare i malati e di proteggere le vie aeree». E la «mancata adozione di queste cautele da parte del Pat», si legge ancora in un passaggio dell’atto di 32 pagine, ha portato «causalmente alla verificazione dell’epidemia» nella storica struttura milanese in cui nei primi mesi dell’anno scorso si erano registrati 300 decessi.

Per queste ragioni al giudice per le indagini preliminari Alessandra Cecchelli, gli avvocati chiedono di «disporre la formulazione di imputazione coatta per il direttore generale della ‘Baggina’ Giuseppe Calicchio nonché di Rossella Velleca, dirigente dell’unità operativa semplice e della Udc (non indagata, ndr) e di ogni altro soggetto ritenuto dal giudice imputabile». In seconda battuta, si richiede di disporre la prosecuzione delle indagini con l’audizione dei «famigliari dei soggetti deceduti» e «l’integrazione della consulenza tecnica» disposta dai pm Mauro Clerici e Francesco De Tommasi, coordinati dall’aggiunto Tiziana Siciliano.

Archiviati i decessi nelle RSA milanesi. COMUNICATO STAMPA

ASSOCIAZIONE FELICITA/ TRIVULZIO: “LA DOMANDA DI VERITÀ E GIUSTIZIA ELUSA DALLA PROCURA (E NON SOLO)”

ARCHIVIATI I DECESSI NELLE RSA MILANESI. AL TRIVULZIO “GESTIONE IMPRUDENTE” MA NESSUN RESPONSABILE. LA NORMALE MALASANITÀ, PRIMA ANCORA DEL COVID, È IL VERO EVENTO INCONTROLLABILE

Milano, 18 ottobre – “La decisione della Procura di Milano di richiedere l’archiviazione del procedimento relativo ai tragici fatti avvenuti lo scorso anno all’interno del Pio Albergo Trivulzio ci trova totalmente amareggiati ma non sorpresi.

Sin da subito, con fiducia, L’associazione Felicita per i diritti nelle RSA – già Comitato Giustizia e Verità per le vittime del Trivulzio – quale parte diligente e attiva si è messa a disposizione degli inquirenti, raccogliendo le testimonianze di numerosi familiari dei degenti della struttura e degli operatori sanitari” – dichiara Alessandro Azzoni, Presidente Associazione Felicita.

“Intanto, nel corso di questi 18 mesi di indagini – che hanno visto il lungo e impegnativo lavoro degli inquirenti, della Guardia di Finanza e dei periti ma non hanno mai dato spazio all’ascolto di nessuno dei 150 firmatari dell’esposto collettivo presentato dall’Associazione Felicita – abbiamo assistito alla diffusa rimozione della tragedia nell’intento di cancellare il conflitto tra gli interessi dei cittadini direttamente colpiti e i diversi interessi delle parti economiche, politiche e istituzionali a vario titolo coinvolte nella catena di responsabilità, e per questo convergenti nell’ignorare la verità attraverso una comune narrazione auto – assolutoria. Una narrazione volta a giustificare e a rendere accettabile un’immunità giudiziaria generale (tutti colpevoli, nessun colpevole) e a sottrarre al diritto penale il giudizio sui fatti in nome del carattere straordinario, incontrollabile e imprevedibile del fenomeno pandemico.

Il diritto alla particolare protezione degli anziani in quanto popolazione fragile, garantito dalla Costituzione, comporta l’obbligo/dovere del sistema sanitario e assistenziale ad approntare strumenti adeguati alla complessità del compito.

Quante morti si sarebbero potute evitare se ci fosse stata una risposta più adeguata all’epidemia nella gestione e nell’organizzazione delle strutture? A questa domanda che per mesi è rimbalzata su media e tra l’opinione pubblica, oggi sembra superfluo rispondere e la Procura ha deciso di non perseguire una risposta.

Comprendere le cause di quanto accaduto al PAT attraverso un serio e rigoroso vaglio dei fatti occorsi era invece l’aspettativa delle famiglie e delle vittime che oggi viene definitivamente elusa. Una domanda volta a impedire che centinaia di decessi venissero cancellati, condannando le vittime all’oblio e privando i familiari del confronto che solo l’accertamento della verità può dare.

Identificare le responsabilità connesse ai decessi verificatisi presso la struttura era la domanda espressa dai famigliari, ma anche attesa dai cittadini, per fare giustizia salvaguardando quella necessaria fiducia nella giustizia, mai come oggi tanto a rischio. E che è stata ancora, al momento, tradita”.

Nell’attesa di leggere gli atti depositati dalla Procura per formulare un giudizio più compiuto insieme ai propri legali, Alessandro Azzoni, presidente di Felicita, in settimana terrà una conferenza stampa per esprimere un giudizio più compiuto sull’archiviazione e comunicare tutte le azioni che l’associazione intende mettere in campo affinché sia data piena risposta a tale imprescindibile domanda di giustizia e di verità.

Anziani – cittadini senza diritti. Radio Popolare

Alessandro Azzoni, Presidente di Felicta, denuncia a Radio Popolare che non è cambiato nulla ormai da un anno e mezzo e dichiara: 

“Il sostegno psicologico ed emotivo della famiglia è riconosciuto dallo stesso Ministero della Salute come essenziale alla cura. Senza, un anziano si lascia andare e subisce un decadimento cognitivo da cui non c’è ritorno. Nonostante l’ulteriore ordinanza del 30 luglio che prescrive alle strutture di concedere le visite ai parenti muniti di green pass per 45 minuti tutti i giorni, non hanno mai più riaperto. Le RSA non sono delle carceri, ma dei luoghi di cura dove poter godere dei benefici che possono offrire.  L’Associazione Felicita chiede che venga rispettata la legge per i più fragili che sono cittadini in pienezza dei loro diritti”.

Il lasciapassare non sblocca le visite – La Repubblica

LETTERA DI UN ASSOCIATO DISPERATO

Sono Giulio Le Serre, figlio del Sig. Gerardo, ad oggi ospite nella struttura La Piccola Casa del Rifugio a Milano in Via Antonini

Da parecchi mesi le visite a mio padre seguono un copione da carcere: programmazione mensile (1 / 2 visite al mese ciascuna di 15 / 20 minuti); i contatti fisici sono assolutamente vietati ed è obbligatorio il mantenimento di una distanza di almeno 2 metri e indossare costantemente le mascherine.

Talvolta la distanza è talmente grande che quasi faccio fatica a sentir parlare mio padre.

Sia io che mio padre siamo vaccinati e abbiamo il green pass.

Mio padre è malato e il fatto di privarlo di una carezza, di un abbraccio è qualcosa di spaventosamente disumano: oltre alle innumerevoli rinunce sostenute, non posso chiedere a mio padre (e chiedermi) anche questo ennesimo e violento sacrificio.

I medici, gli infermieri, OSS, educatori e tutto il personale della struttura è fortemente determinato a evitare qualsiasi complicazione e persegue nell’ottica di una totale deresponsabilizzazione – nonostante io firmi tutte le volte un’autodichiarazione di responsabilità all’ingresso in struttura.

Non voglio che mio padre muoia da solo, invisibile e nel pieno dolore di una solitudine inutile. Vi chiedo un aiuto per capire quanto io e mio padre possiamo reclamare come diritto quello dello stare insieme.

Vi ringrazio per ogni supporto vogliate darci.

Un cordiale saluto,

Giulio Le Serre (e Gerardo Le Serre)

di Federica Venni

Intervista Presidente Alessandro Azzoni – Radio Marconi

Ringraziamo Radio Marconi per aver dato voce alla nostra associazione Felicita che si impegna su diversi fronti per garantire i diritti umani dei più fragili nelle RSA.

Oltre a cercare giustizia e verità per i numerosi decessi avvenuti nelle case di riposo durante la pandemia iniziata lo scorso anno, stiamo sollecitando le istituzioni, in particolare le Prefetture, a intervenire per risolvere la situazione degli anziani ancora isolati dai familiari e impossibilitati a vivere in condizioni normali.

Il 31 maggio il Presidente Alessandro Azzoni ha incontrato il Sindaco di Milano Giuseppe Sala per chiedere di intervenire in qualità di responsabile della salute dei cittadini e ripristinare le visite dei parenti nelle RSA comunali, sperando che possa essere l’inizio di una riapertura generale in tutta Italia.

Ascolto e attenzione: un diritto per tutti gli anziani – La Repubblica

Felicita, nata nell’aprile del 2020, per chiedere giustizia e verità per le numerose vittime delle Rsa durante la pandemia, chiede ancora a gran voce che si ponga fine al grave isolamento degli anziani nelle strutture residenziali. I parenti aspettano da ormai 17 mesi di poter vedere i loro cari liberamente, ma in totale sicurezza.

“La condizione di fragilità e di bisogno non significha sofferenza ed emarginazione. Le famiglie non devono vivere con rimorso e angoscia la scelta di affidare un proprio caro non più autosufficiente nelle mani di una struttura a guida pubblica. Attraverso il confronto con i parenti, le parti sociali e le istituzioni, andremo avanti in questa battaglia di civiltà”, ha dichiarato il Presidente Alessandro Azzoni.

Favorire il benessere degli anziani a beneficio di tutta la cittadinanza – Il Giorno

L’Associazione Felicita auspica di poter incontrare nuovamente e il prima possibile, il Sindaco di Milano Giuseppe Sala, affinchè le promesse e gli impegni non rimangano solo sulla carta, così come la riapertura più frequente delle visite ai parenti.

Il Muro della Memoria come spazio pubblico per mai più dimenticare i morti nelle RSA cittadine e la figura del Garante degli Anziani per vigilare sull’assistenza agli ospiti delle strutture residenziali, sono alcune delle iniziative proposte da Felicita per “favorire il benessere delle persone nella fase avanzata della vita a beneficio di tutta la cittadinanza” ha dichiarato ieri il Presidente Alessandro Azzoni nella lettera aperta al Sindaco.

Lettera aperta al Sindaco Sala

Ci siamo rivolti al Sindaco Giuseppe Sala due mesi fa condividendo le nostre proposte per risolvere la grave situazione di peggioramento delle condizioni piscofisiche degli anziani nelle RSA a causa del prolungato isolamento e del taglio dei servizi. E’ davvero inaccettabile privare i più fragili della dignità umana e degli affetti dei loro cari che sono la sola ragione di vivere. Mentre ringraziamo in particolare il Prefetto di Milano Renato Saccone e molti degli altri prefetti che abbiamo incontrato per aver risposto al nostro appello, prendiamo atto con delusione del silenzio assordante da parte di chi si candida a guidare di nuovo Milano, e lo invitiamo ad assumersi la responsabilità di porre fine a una situazione insostenibile per il vivere civile.

Egregio Signor Sindaco,

Mi rivolgo a lei nella sua veste di responsabile della salute dei milanesi, in particolare dei più fragili, per ricordarle che la nostra associazione è tuttora in attesa di un suo riscontro alle proposte che le abbiamo esposto nell’incontro del 31 maggio a Palazzo Marino sul tema della condizione degli anziani nelle Rsa.

La sappiamo particolarmente impegnato per la campagna elettorale, e per questo la cordialità e l’attenzione con cui lei ci aveva in quell’occasione ascoltato mi aveva fatto forse ingenuamente sperare in una qualche risposta ma, a distanza di due mesi, non sappiamo ancora nulla su quanto lei intende fare, se sarà rieletto, per migliorare la condizione di quella generazione di vecchi milanesi che tanto ha gia pagato, in termini di decessi e di sofferenze, e tanto sta ancora pagando in solitudine e abbandono.

Milano, che si pone di fronte agli italiani come esempio di buon vivere, dovrebbe avere anche l’orgoglio di costruire una visione di città socialmente avanzata, dove la condizione di fragilità e di bisogno non significhi sofferenza ed emarginazione, e dove le famiglie non debbano vivere con rimorso e angoscia la scelta di affidare un proprio caro non più autosufficiente nelle mani di una struttura a guida pubblica. Questo era il senso dell’invito che le abbiamo rivolto a rafforzare il ruolo di vigilanza pubblica almeno verso le Rsa partecipate dal Comune, per garantire la riapertura degli incontri coi parenti e costruire maggior trasparenza e simmetria nel rapporto fiduciario tra strutture e famiglie. Ci sembrava che lei avesse condiviso la necessità di questa sfida ma prendiamo atto con amarezza che nulla è ancora stato fatto.

Domenica, in occasione della prima Giornata mondiale degli anziani voluta da Papa Francesco, nel corso di una cerimonia al Cimitero Maggiore, lei ha inaugurato la statua dell’Angelo per ricordare i 128 caduti per Covid durante l’emergenza della prima ondata di pandemia, sepolti nel campo 87 senza il saluto dei parenti. Ci sarebbe piaciuto sentire anche qualche parola sui circa 500 anziani morti per Coronavirus tra il 21 febbraio e il 15 aprile 2020 nelle Rsa di Milano. Per ricordarne volti e nomi abbiamo da tempo proposto al Comune di istituire il Muro della Memoria in uno spazio pubblico cittadino. Ma anche su questa piccola iniziativa siamo riusciti ad avere solo promesse.

Quello che però ci sta maggiormente a cuore è la condizione invisibile degli oltre 100mila anziani over 75 che vivono soli a Milano, la metà dei quali prossimi per età alla perdita dell’autosufficienza, e quindi destinati a un prossimo ricovero nelle Rsa: una fascia ampia di cittadini che da tempo aspettano risposte concrete, insieme ai loro familiari, figlie, figli, nipoti e futuri anziani. Ed è anche per loro che ci amareggia il suo silenzio sulla proposta, già approvata un anno fa in Consiglio Comunale e mai attuata, di istituire la figura del Garante degli anziani in modo da dotare Milano di uno strumento che vigili sull’assistenza prestata agli ospiti delle strutture residenziali, e promuova iniziative per interventi a favore del benessere delle persone nella fase avanzata della vita, a beneficio di tutta la cittadinanza.

La nostra associazione, attraverso il confronto con i parenti, le parti sociali e le istituzioni, andrà comunque avanti in questa battaglia di civiltà, nella quale ci saremmo aspettati che la piu alta istituzione cittadina non restasse ancora assente e lontana.

Alessandro Azzoni

Presidente Felicita – Associazione per i diritti nelle Rsa

COMUNICATO STAMPA FELICITA/ARCHIVIAZIONE VITTIME RSA LODI

“LE ALTRE PROCURE, TRA CUI MILANO, NON SEGUANO STESSA IMPOSTAZIONE E NON CONDANNINO OLTRE 10.000 MORTI ALL’OBLIO”

Milano, 23 luglio 2021 – “Ci allarma la richiesta di archiviazione da parte della Procura di Lodi rispetto all’inchiesta relativa alla RSA Borromea di Mediglia. È un dato di fatto che 77 anziani su 147 ospiti sono morti. Ed essi rischiano di non trovare giustizia se il Gip accoglierà la richiesta della Procura . Non vogliamo commentare questa decisione ma a nostro parere l’invocato articolo 3 bis della legge 76/21 da parte del Procuratore di Lodi che limita la responsabilità penale dei sanitari suona come un vero e proprio colpo di spugna per sanitari e dirigenti apicali” dichiara Alessandro Azzoni, Presidente Felicita – Associazione per i Diritti nelle RSA.”Ci auguriamo che nessuna delle altre procure che ha aperto fascicoli su RSA – in particolare quella di Milano – segua l’impostazione della Procura di Lodi. Non si può tollerare che la domanda espressa dai tanti familiari delle vittime – stiamo parlando di oltre 10.000 morti – venga cancellata con un colpo di bianchetto condannando le vittime all’oblio e assestando un colpo vitale alla credibilità e alla fiducia nella giustizia. Speriamo di essere presto smentiti” conclude Azzoni.

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Quotidiano – IL GIORNO Milano:

Morti nelle Rsa, inchieste a rischio flop: “Diecimila vittime vogliono giustizia”

Il caso di Mediglia fa suonare l’allarme, i parenti in campo. Vertice in Procura a Milano per chiarire la linea

di ANDREA GIANNI

I Nas nella Rsa di Mediglia
I Nas nella Rsa di Mediglia

Milano, 24 luglio 2021 – Un anno e mezzo fa nelle residenze sanitarie per anziani dilagava la pandemia, una strage simboleggiata dalle bare stipate anche nella chiesa del Pio Albergo Trivulzio di Milano. Rsa, ora Covid free, trasformate in una trincea, con migliaia di pazienti e dipendenti contagiati solo in Lombardia. Decine di inchieste, aperte dalla Procure lombarde anche in seguito a esposti di familiari e sindacati, sono di fronte a un bivio. La richiesta di archiviazione presentata dalla Procura di Lodi sul caso della Rsa di Mediglia, dove tra febbraio e maggio dell’anno scorso sono morti 77 ospiti su 147, allarma le associazioni di familiari che si sono costituite per chiedere di “fare luce sulle responsabilità” a tutti i livelli.

«Ci auguriamo che nessuna delle altre Procure, in particolare quella di Milano, segua l’impostazione di Lodi – spiega Alessandro Azzoni, presidente di Felicita –. Non si può tollerare che la domanda espressa dai tanti familiari delle vittime, oltre 10mila morti in Italia, venga cancellata. L’invocato articolo 3 bis della legge 76/21 da parte del procuratore di Lodi che limita la responsabilità penale dei sanitari suona come un vero e proprio colpo di spugna per dirigenti apicali”. Carla Porfirio, con altri parenti di anziani deceduti all’Istituto Palazzolo-Don Gnocchi di Milano che hanno scelto la strada di una causa civile, sta ancora lottando con l’assicurazione per ottenere un risarcimento. Chiede che “sulle stragi di anziani non cada il silenzio”.

La richiesta di archiviazione su Mediglia, il primo caso esploso in Lombardia, verte sulla conclusione, illustrata dal procuratore Domenico Chiaro, che “non c’è ragionevole certezza che siano state proprio le condotte commissive o omissive di cariche apicali a cagionare l’evento”, cioè la morte dei pazienti. Mancano elementi, in sostanza, per poter sostenere un processo. Ogni caso fa storia a sé, ma l’istanza della Procura – che deve ancora essere vagliata da un gip e alla quale potrebbero opporsi i familiari delle vittime – potrebbe fare da apripista su vicende in una analoga cornice. Per i familiari una doppia beffa: nessun processo e, almeno nel penale, nessun risarcimento dei danni subiti.

In Procura a Milano si terrà un vertice, probabilmente dopo la pausa estiva, fra i pm del dipartimento coordinato dal procuratore aggiunto Tiziana Siciliano che si stanno occupando delle varie inchieste, anche per definire una linea su fascicoli al bivio fra un’istanza di archiviazione o una chiusura indagini, atto che di solito prelude alla richiesta di rinvio a giudizio. Sul tavolo anche la consulenza tecnica su morti e contagi al Trivulzio – nell’ambito dell’inchiesta in cui è indagato per omicidio colposo, epidemia colposa e violazione delle regole sulla sicurezza il dg Giuseppe Calicchio – che ha evidenziato disorganizzazione e una gestione “grave e incapace” dell’emergenza sia da parte della struttura che da parte della Regione, attraverso l’Ats: dalle mancate diagnosi a pazienti, ospiti e personale, che veniva anche fatto rientrare dalla “malattia” senza tamponi, fino all’isolamento insufficiente.

Le morti di più di 100 anziani al Pat, tra gennaio e aprile 2020, ossia il 33% delle oltre 300 di quei mesi, possono essere attribuite al Covid. Ma gli elementi potrebbero non essere sufficienti per arrivare a un processo. “Noi ci auguriamo che fatti così gravi non finiscano nel nulla – spiega Isa Guarneri, segretaria Fp-Cgil di Milano –. Le Rsa ora sono Covid free, ma il clima resta pesante nei confronti dei nostri delegati che hanno avuto il coraggio di denunciare”.